OPERE / Il Giudizio Universale

IL GIUDIZIO UNIVERSALE

 

DAL VANGELO SECONDO MATTEO: 25, 31-35.41-42

 Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria.  Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare…” Poi dirà anche a quelli che saranno alla sinistra: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare…”

 

La grandiosa composizione, realizzata da Michelangelo tra il 1536 e il 1541, si incentra intorno alla figura dominante del Cristo, colto nell'attimo che precede quello in cui verrà emesso il verdetto del Giudizio. Il suo gesto, imperioso e pacato, sembra al tempo stesso richiamare l'attenzione e placare l'agitazione circostante: esso dà l'avvio ad un ampio e lento movimento rotatorio in cui sono coinvolte tutte le figure. Ne rimangono escluse le due lunette in alto con gruppi di angeli recanti in volo i simboli della Passione (a sinistra la Croce, i dadi e la corona di spine; a destra la colonna della Flagellazione, la scala e l'asta con la spugna imbevuta di aceto). Accanto a Cristo è la Vergine, che volge il capo in un gesto di rassegnazione: ella infatti non può più intervenire nella decisione, ma solo attendere l'esito del Giudizio. Anche i Santi e gli Eletti, disposti intorno alle due figure della Madre e del Figlio, attendono con ansia di conoscere il verdetto. Alcuni di essi sono facilmente riconoscibili: S. Pietro con le due chiavi, S. Lorenzo con la graticola, S. Bartolomeo con la propria pelle in cui si suole ravvisare l'autoritratto di Michelangelo, S. Caterina d'Alessandria con la ruota dentata, S. Sebastiano inginocchiato con le frecce in mano. Nella fascia sottostante, al centro gli angeli dell'Apocalisse risvegliano i morti al suono delle lunghe trombe; a sinistra i risorti in ascesa verso il cielo recuperano i corpi (per la Risurrezione della carne), a destra angeli e demoni fanno a gara per precipitare i dannati nell'inferno. Infine in basso Caronte a colpi di remo insieme ai demoni fa scendere i dannati dalla sua imbarcazione per condurli davanti al giudice infernale Minosse, con il corpo avvolto dalle spire del serpente. E' evidente in questa parte il riferimento all'Inferno della Divina Commedia di Dante Alighieri.

Il Giudizio suscitò tra i contemporanei elogi, ma anche violente reazioni, come ad esempio quella del Maestro delle Cerimonie Biagio da Cesena, il quale disse che "era cosa disonestissima in un luogo tanto onorato avervi fatto tanti ignudi che sì disonestamente mostrano le loro vergogne e che non era opera da Cappella del Papa ma da stufe e osterie". Le polemiche portarono nel 1564 alla decisione da parte della Congregazione del Concilio di Trento di far coprire alcune delle figure del Giudizio ritenute "oscene". L'incarico di dipingere i panneggi di copertura, le cosiddette "braghe", fu data a Daniele da Volterra, da allora noto come il "braghettone". Altre “braghe” se ne aggiunsero nei secoli successivi.

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