Opere / VIA DI MARIA

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4. LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO

LA PRESENTAZIONE AL TEMPIO

‘I miei occhi hanno visto la tua salvezza’ (Lc 2, 30)

‘I miei vôi àn viodude la tô salvece’ (Lc 2, 30)

 

(Dalla Bibbia i brani di riferimento dell’opera realizzata dalla Scuola Mosaicisti del Friuli ed, in breve, il commento/spiegazione di Paolo Orlando autore dei bozzetti. Foto: ULDERICA DA POZZO)

 

Lc 2, 22-38

            Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore - e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore.

            Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore.

            Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:

«Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola,
perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza,
preparata da te davanti a tutti i popoli:
luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele».

             Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».

             C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni.

             Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme.

 

Lc 2, 22-38

            Rivât il timp de lôr purificazion, seont la Leç di Mosè, lu puartarin a Gjerusalem par ufrîlu al Signôr, come ch’al è scrit te Leç di Mosè: “Ogni mascjo ch’al vierç la nature al sarà bandît pal Signôr”; e par ufrî in sacrifici, come ch’e dîs la Leç dal Signôr, un pâr di tortorelis o doi colombuts.

            In chê volte al jere a Gjerusalem un om di non Simeon: al jere un om just e di religjon e al spietave la consolazion di Israel e il Spirtu Sant al jere sore di lui. Che anzit i jere stât palesât dal Spirtu Sant che nol sarès muart prin di vê viodût il Crist dal Signôr.

            Cussì al lè tal templi, sburtât dal Spirt; e biel che i siei gjenitôrs a puartavin il frut Gjesù par fâ ce che e ordenave la Leç, 28lui lu cjapà tai braçs e al benedì Diu disint:

“Cumò, Signôr, lasse lâ il to servidôr in pâs seont la tô peraule,

parcè che i miei vôi a àn viodude la tô salvece

chê che tu tu âs prontade in face di ducj i popui;

lûs par inluminâ i popui e glorie pe tô int di Israel”.

            So pari e sô mari a restarin maraveâts di ce che ur jere stât dit di lui. E Simeon ju benedì e a Marie, sô mari, i disè: “Ve, lui al è metût pe ruvine e pe resurezion di tancj di lôr in Israel e come segnâl di contradizion, di mût che une spade e passarà la tô anime fûr par fûr par ch’a vegnin palesâts i pinsîrs di tancj cûrs”.

            E jere ancje une profetesse, Ane, fie di Fanuel, de tribù di Aser, une vore indenant cui agns, che e veve vivût cul so om siet agns dopo de sô vergjinitât. Restade vedue e rivade a otantecuatri agns, no bandonave mai il templi e a servive Diu dì e gnot zunant e preant. E rivà ancje jê propit in chel moment e a ringraciave Diu e ur fevelave dal frut a ducj chei ch’a spietavin la liberazion di Gjerusalem.

 

            Un sant’uomo, di nome Simeone, che viveva a Gerusalemme, aveva ricevuto dallo Spirito santo l’assicurazione di non poter morire senza aver prima visto con i propri occhi il Salvatore atteso. Era già anziano, quando lo riconobbe, un giorno, in mezzo ai tanti bambini che i genitori portavano al Tempio per l’offerta al Signore.

Tre lampade pendenti dalla volta indicano il luogo sacro, in cui pure Giuseppe compie l’offerta delle due tortorelle, mentre Maria offre e, nel contempo, riceve il piccolo Gesù, come avviene nell’azione liturgica. Simeone accoglie il Signore inchinandosi e a mani coperte; la vecchia profetessa Anna, che non si allontanava mai dal Tempio, proclama le lodi di Dio.

S. Simeone, poi, con il “Nunc dimittis” completa il terzo e ultimo cantico evangelico, che la Chiesa indica per la preghiera quotidiana (insieme al “Benedictus” del mattino e al “Magnificat” della sera).

La presentazione al tempio [Foto - Nicola Silverio]

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